Non tutti i ragazzi vanno bene a scuola, è una triste realtà. Ogni essere umano di fronte all’insuccesso, a meno che non nasca in lui un atteggiamento rinunciatario, reagisce, in un modo o in un altro, per tentare di difendersi dal proprio fallimento o contro di esso. Questa reazione difensiva mette in gioco meccanismi molto differenti. Di fronte alla sconfitta i soli comportamenti veramente vincenti consisterebbero o nel fare ciò che è necessario per recuperare lo scarto o almeno nell’evitare di cadere ancora in circostanze simili a quelle che hanno prodotto l’insuccesso. Sempre, ben inteso, che l’individuo abbia abbastanza fiducia in sé stesso e nelle proprie possibilità. E se non è così?
L’insuccesso scolastico per i ragazzi fragili è particolarmente insopportabile ed è difficilmente evitabile con le loro sole forze. Sono dunque condannati, trovandosi in una situazione senza una via d’uscita alla loro portata, a difendersi dal fallimento prendendo strade non adatte. Una di queste difese è appunto il bullismo. Il proprio insuccesso viene mascherato mettendo in risalto l’insuccesso degli altri.
Ed è così che un ragazzino o una ragazzina, fra gli undici e i quattordici anni, un bel giorno, senza che le motivazioni stiano necessariamente nel suo aspetto – non porta gli occhiali, non è più grasso o più magro dei compagni, non è affetto da balbuzie - diventa bersaglio di scherzi, insulti, aggressioni fisiche.
I bulli ti dicono parolacce, ti affibbiano soprannomi ridicoli, antipatici, oppure minacciano, spingono, danno calci e pugni; lo fanno fingendo di giocare e invece fanno male. “Non ti ho mica fatto niente! Scherzavo!” Una frase come questa arriva dritta al cuore e ferisce: forse il dolore del calcio si poteva anche sopportare, ma la frase e il risolino che l’ accompagna…
E poi ancora offendono chiamandoti gay, solo perché sei un po’ meno forte di loro, fanno sorrisini mentre passi per il corridoio, ti rubano la merenda, ti nascondono i libri, ti incolpano di aver mangiato la merenda o preso i libri di un altro…
Oggi, in questo nostro mondo tecnologico, anche la tecnologia dà una mano al bullo. È un fenomeno nuovo, ma già molto diffuso tra i ragazzi, basta un telefonino, di quelli superaccessoriati, e diventi lo zimbello di tutto il pianeta!
Basta! Non si può sempre subire. Tutti hanno diritto di andare a scuola, felici di andarci, perché si sta con i propri compagni, perché ci si sente bene con gli altri, anche se si tratta pur sempre di scuola, studio, compiti...
Che fare dunque? I consigli che si possono dare alla vittima sono tanti.
Evita di stare da solo, sull’autobus, durante l’intervallo, negli spogliatoi della palestra. Se incontri il tuo nemico, mantieni al calma e cerca di non far trasparire la tua insicurezza o la tua paura e allontanati in fretta, se pensi che si stia mettendo male. Se proprio non riesci ad affrontare la situazione, chiama un adulto, un professore di cui ti fidi e raccontagli tutto il tuo dolore: di solito noi ragazzi sappiamo a chi possiamo dire le cose senza sentirci giudicati.
Penso sia importante che le vittime si rendano conto che non si tratta di un gioco, per brutto che sia, di un gioco sporco e vergognoso da nascondere a tutti, ma di un sopruso che la legge può punire. Bisogna che tutti sappiano che oggi le vittime di “bullismo” sono considerate vittime di un reato ed hanno il diritto di denunciarlo. I danni provocati dai bulli sono gravi, molto gravi e le vittime devono parlare perché ci sia giustizia, perché ci sia un risarcimento Sapere questo, secondo qualcuno, è uno dei modi per aiutare i ragazzi offesi a far sentire la loro voce.
E i bulli? Nella nostra scuola sono stati aperti tanti laboratori, sia al mattino sia fuori orario scolastico, per i ragazzi che subiscono la scuola, quella fatta di compiti e lezioni da imparare, per quelli che non hanno dei bei voti da esibire ai genitori. Sappiamo che alcuni bulli ci vanno, e ci sembra siano diventati un po’ più tranquilli.
E tu che non c’entri, tu che non sei né bullo, né vittima, incomincia a pensare che invece tutto questo ti riguarda. Anche tu sei coinvolto in queste brutte storie. Tu, che vai a scuola ogni mattina leggero e felice, non voltarti dall’altra parte. Come puoi essere contento e felice se di fianco a te, magari nel tuo stesso banco, c’è qualcuno che soffre o qualcuno che sa far soffrire? Apri gli occhi, ascolta col cuore e non solo con le orecchie, sempre piene di musica a tutto volume. Spegni le cuffie e mettiti in ascolto.
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